Gnocco fritto

Come preparare il gnocco fritto

Step 1
In una ciotola mescola farina, sale, strutto e bicarbonato.

Step 2
A filo, aggiungi l’acqua frizzante e comincia a impastare.

Step 3
Trasferisci poi il composto su un piano di lavoro leggermente infarinato e impasta fino a ottenere un composto omogeneo, liscio ed elastico.

Step 4
Copri la ciotola con pellicola trasparente e lascialo riposare per 30 minuti.

Step 5
Dopo il riposo, riprendi l’impasto, stendilo con un matterello su una spianatoia leggermente infarinata, portando la pasta a uno spessore di circa 4-5 mm.

Step 6
Con una rotella tagliapasta o con un coltello ben affilato, ricava tanti rombi o rettangoli.

Step 7
Friggili nello strutto a 180 °C. È importante friggere in immersione, quindi assicurati di avere una casseruola o un pentolino sufficientemente ampio e profondo da contenere abbastanza strutto e friggere almeno 3-4 rombi per volta.

Step 8
Appena lo strutto sarà a temperatura, inserisci i rombi o i rettangoli e friggili, girandoli spesso fino a doratura. Ci vorrà pochissimo tempo: circa 1 minuto per lato o poco di più.

Step 9
Appena saranno pronti, scolali con attenzione con un cucchiaio o una schiumarola e falli asciugare brevemente su carta assorbente da cucina.

Step 10
Servili caldi, da gustare con salumi, formaggi o come più ti piace. Se vuoi consumarli il giorno dopo, riscaldali per circa 3 minuti in una padella antiaderente, rigirandoli spesso, oppure in forno tradizionale per circa 3 minuti.

Storia del gnocco fritto

Il gnocco fritto è una delle specialità simbolo della cucina emiliana, le cui origini risalgono alla tradizione culinaria dei Longobardi, che conquistarono la zona dopo la caduta dell’Impero Romano e le lotte con i Bizantini. Nel 527, con l’avvento dell’imperatore bizantino Giustiniano, Ravenna divenne sede del governatore d’Italia e visse un periodo di grande splendore, testimoniato dalle basiliche di San Vitale e Sant’Apollinare in Classe. Durante il VI secolo, l’unità politica della regione fu interrotta dall’invasione dei Longobardi, che occuparono vari territori senza riuscire a sconfiggere definitivamente i Bizantini. I Longobardi si stabilirono in Emilia fino a Bologna e Imola, concentrandosi infine a Reggio; ai Bizantini rimase la zona adriatica, che prese il nome di Romagna perché appartenente ai Romani di Bisanzio.

Grazie alle discendenze celtiche, i Longobardi introdussero l’uso del grasso animale nella cucina emiliana, la cui gastronomia era ricca di proteine e grassi animali, come cinghiali e maiali. Inizialmente, il gnocco fritto era un semplice sostituto del pane, realizzato con ingredienti semplici: farina, acqua, sale e, ovviamente, strutto, utilizzato sia nella stesura della pasta sia nella frittura. Grazie alla facilità di preparazione e agli ingredienti poveri, nel corso dei secoli il gnocco fritto conquistò tutta la regione e, fino alla metà del ‘900, divenne il cibo preferito dei contadini.

Oggi questa prelibatezza è diventata famosa in tutta Italia, pur mantenendo una forte impronta locale. Il miglior abbinamento è con la Mortadella di Bologna IGP, il Culatello di Zibello, il prosciutto crudo, la spalla cotta, i ciccioli o la meravigliosa coppa piacentina, accompagnati da un’abbondante cucchiaiata di formaggio tenero, come squacquerone o stracchino. È ottimo anche con le cipolline all’aceto balsamico o con il friggione bolognese. Ovviamente, il vino migliore è il lambrusco; non c’è nemmeno bisogno di pensarci. A Modena è consuetudine consumare il gnocco fritto (caldo appena preparato o freddo dalla sera precedente) anche per colazione, insieme al cappuccino o caffellatte.

I dubbi sull’articolo determinativo: si dice « lo gnocco » o « il gnocco »?

Nell’articolo abbiamo scritto sia « lo » che « il » gnocco fritto, ma per quale motivo? Le norme grammaticali della lingua italiana impongono l’uso dell’articolo « lo » (e « gli » per il plurale) davanti al gruppo consonantico « gn ». Tuttavia, in Emilia, spesso si usa « il » nella forma colloquiale. A sostegno dell’articolo « il » c’è anche Tullio De Mauro, un grande linguista napoletano scomparso qualche anno fa. Il professore scrisse un articolo in cui affermava che « talvolta un solecismo, una forma linguistica che la grammatica definisce scorretta, può essere giustificato se il suo uso risulta continuo e radicato in una determinata area geografica ». In Emilia-Romagna, l’uso di questo articolo è figlio della lingua gallo-italica, che utilizza un unico articolo determinativo maschile per ogni cosa.

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